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Mostra Fotografica 2007

IL MISTERIOSO E MERAVIGLIOSO MONDO DELLE API

INTRODUZIONE
Perché parlare di questo piccolo insetto, troppo spesso confuso con le vespe, da molti temuto per le sue punture?
Le api producono il miele: in genere questa è la sola nozione che la maggior parte della gente ha su di loro, senza peraltro avere la minima idea di come questo avvenga. La produzione di miele era una fonte di reddito diretto nella
magra economia dell’agricoltura di montagna, quando il miele rappresentava una componenete importante nell’alimentazione.
Nella società industrializzata odierna, possiamo dire che la funzione di reddito diretto è rappresentata dall’impollinazione, tramite la quale l’ape è da considerare alla stregua di ogni altro strumento tecnico, come indispensabile, senza di lei non si può ottenere la necessaria produzione agricola.
L’ape inoltre rappresenta un indice importante nella valutazione della salvaguardia e della tutela ambientale, vista come indicatore biologico verso ogni tipo d’inquinamento, non solo di tipo chimico, o da ogm, ma anche quello prodotto dai grandi elettrodotti in quanto estremamente sensibile ai campi magnetici.
Quindi, oltre che come indicatore biologico può essere vista come indicatore culturale, poiché capace di promuovere modelli socio economici eco compatibili, che devono essere i veri obiettivi nella programmazione di sviluppo di ogni paese.
L’intento di questa mostra è di avvicinare le persone a questi straordinari insetti portando a conoscenza le loro stupefacenti strategie di riproduzione, sopravvivenza e di organizzazione, oltre ad una breve panoramica delle antiche tecniche di allevamento che consentivano di integrare i magri redditi della campagna con la vendita di miele e sciami




COME SONO FATTE LE API
Classificazione
tipo artropodi
classe
insetti
ordine
imenotteri
famiglia
apidi
genere
apis
specie
mellifica

In Italia la razza più diffusa è l’Apis mellifica ligustica, molto apprezzata anche all’estero per le sue caratteristiche  di docilità e produttività. Nelle regioni a clima più rigido viene allevata anche l’Apis mellifica mellifica, decisamente più nervosa ma in grado di reagier meglio alle temperature più basse.
Le api nascono da uova deposte dalla regina. Le larve vengono nutrite per tre giorni con pappa reale e successivamente con miele e polline. Vengono poi rinchiuse nelle cellette dove iniziano la metamorfosi in pupe e quindi in insetto adulto. I nuovi individui sfarfalleranno dopo aver bucato l’opercolo di chiusura.
Regine ed operaie nascono da uova feconde; ciò che le differenzia è il tipo di allevamento: le larve che daranno vita alle regine vengono nutrite esclusivamente con pappa reale.
I fuchi nascono da uova non feconde (partenogenesi).


cella reale

covata operai

covata fuco



MORFOLOGIA DELL’APE
Il corpo dell’ape adulta é rivestito dall’esoscheletro, uno strato protettivo provvisto di setole e peli diviso in tre settori: la testa, il torace e l’addome.
Agli angoli superiori della testa, di forma triangolare, si trovano due occhi composti, che nei fuchi hanno dimensioni maggiori. Hanno un angolo di visuale di 360° e percepiscono solo 4 colori: giallo, verde, blu e l’ultravioletto.  Le due antenne, di forma cilindrica, ripiegate a L, sono continuamente ripulite affinché la percezione sensitiva delle migliaia di sensilli tattili, olfattivi, termorecettivi, igrorecettivi, sia ottimale.
La ligula che si trova nell’apparato boccale é una specie di proboscide che l’ape inserisce nel calice del fiore per aspirarne il nettare. La bocca é assolutamente incapace di mordere e tagliare a differenza delle vespe e dei calabroni. Non é vero quindi che le api danneggiano la frutta bucandone la buccia come alcuni credono.
Il torace e l’addome sono fittamente ricoperti di peli. Al primo sono attaccate due paia di ali membranose concepite per vincere la resistenza dell’aria durante il volo e che vengono usate anche per ventilare l’alveare. L’ultimo anello dell’addome, ad eccezione del fuco, é provvisto di pungiglione. Nell’addome si trova anche la sacca melarica per trasportare il nettare raccolto nei voli di bottinatura.
Le zampe presentano caratteristiche particolari: le anteriori, più corte, sono adatte alla pulizia delle antenne, le zampe medie, più robuste, hanno uno sperone per staccare il polline dalle cestelle, quelle posteriori sono dotate di una concavità detta cestella in cui viene accumulato il polline bottinato sui fiori. Sono inoltre dotate di setole rigide per ripulirsi il corpo imbrattato di polline.

L’APE REGINA
UNA MADRE SENZA TRONO
Contrariamente a quanto il nome possa fare immaginare, il suo compito è deporre le uova ed è la madre di tutte le api della famiglia. Nasce da uova feconde deposte nelle celle reali, più grandi delle altre e con una caratteristica forma a "ghianda rovesciata” le cui larve vengono nutrite esclusivamente con pappa reale. Grazie a questa dieta differenziata, che continuerà tutta la vita, raggiungono dimensioni maggiori e sviluppano l’apparato riproduttivo.
La larva impiega 16 giorni per sfarfallare ed uscirà dall’alveare solo in due occasioni. La prima per i voli di fecondazione, effettuati dalla regina vergine dopo alcuni giorni dalla nascita, per incontrare i fuchi con i quali si accoppierà e dei quali conserverà il seme in un’apposita spermateca per tutta la durata della sua vita, in media quattro o cinque anni. La seconda uscita avviene in occasione della sciamatura.
La regina influenza il comportamento di tutto l’alveare producendo un feromone che lo caratterizza ed attraverso il quale si riconoscono gli individui della famiglia, respingendo ed attaccando come nemici quelli che hanno odore diverso.
Durante la stagione di maggiore attività una regina giovane può deporre oltre duemila uova al giorno con facoltà di deporle fecondate o meno a seconda dell’esigenza dell’alveare. Per deporre fino a duemila uova al giorno l'ape regina consuma pappa reale fino ad 80 volte il suo peso.

ape regina


IL FUCO
PADRI UN PO’ FANNULLONI
Sono gli individui maschi. Nascono da uova non feconde (partenogenesi) dopo 24 giorni dalla deposizione. Sono più grandi e tozzi delle operaie, zampe e bocca non sono atte a raccogliere polline o succhiare il nettare ed inoltre non hanno il pungiglione.
Non sono quindi in grado di procurarsi il cibo da soli e devono essere mantenuti dalle operaie. Il loro fabbisono di cibo è inoltre superiore.
Per contro le loro antenne sono più sofisticate e sensibili e i bellissimi occhi enormi, quasi si toccano alla sommità del capo. Questi accorgimenti per meglio individuare le regine con cui accoppiarsi durante i voli di fecondazione, essendo questa la loro unica funzione. Ne vengono allevati a questo scopo alcune migliaia ad inizio primavera in ogni alveare, ma coloro che, in gara con altri maschi, dopo aver inseguito in volo la regina, riescono ad accoppiarsi con lei, generalmente muoiono a causa del distacco dei genitali durante l’atto.
Vengono cacciati dagli alveari non appena cessa il flusso nettarifero, avendo assolto il loro compito.

fuco


L’APE OPERAIA
UNA VITA DI DURO LAVORO
Nascono da uova fecondate e vengono nutrite a pappa reale solo i primi tre giorni. Per il resto del periodo larvarle vengono loro somministrati miele e polline e questo fa sì che si atrofizzi l’apparato riproduttivo che può comunque essere riattivato in casi estremi, come ad esempio la morte della regina e l’impossibilità di allevarne una nuova. Ma non essendo state fecondate, le cosidette “api figliatrici”, potranno generare solo fuchi , la fine dell’alveare è così di fatto solo procrastinata di qualche settimana.
L’insetto esce dopo 21 giorni. La vita di un’operaia, nel periodo di maggiore attività, ha una durata di circa 20 – 30 giorni poiché consuma molte energie nella frenetica ricerca di nettare e polline; il loro numero in una singola famiglia può arrivare a 60.000 individui.
La velocità media di un'ape è di 24 chilometri orari e può arrivare fino a 29. Una singola ape, per produrre un 1 kg di miele, vola per circa 150.000 chilometri, quasi quattro volte il giro della Terra.
Le api nate a fine estate sopravvivono fino all’inizio della nuova stagione per allevare le nuove covate.

ape operaia


LE ATTIVITA’ DELLE OPERAIE
DEI LAVORATORI SPECIALIZZATI
Durante la loro vita le operaie cambiano molte volte lavoro a seconda dell’età: nei primi giorni di vita non escono dall’alveare, sono molto docili, e si occupano prima della pulizia (api spazzine)  e poi della covata (api nutrici).
Successivamente sono impiegate nella produzione di cera (api ceraiole) per riparazioni e costruzione dei favi, infine diventano api guardiane a difesa dell’alveare e poi api bottinatrici, con il compito di uscire per reperire nettare, polline, acqua per il fabbisogno della famiglia.
Vi sono inoltre le “api ancelle” che si prendono cura della regina, le “api ventilatrici” che con le ali arieggiano l’alveanre per abbassare la temperatura o l’umidità, le “api esploratrici” che in caso di sciamatura vanno alla ricerca di un sito adatto per la sistemazione della nuova famiglia.

ape che beve 

api ventilatrici


IL LINGUAGGIO DELLE API
Le api si scambiano informazioni e  comunicano tra di loro in vari modi, molti ancora sconosciuti, ma ci è noto invece lo straordinario modo con cui un’ape che abbia trovato un’interessante sorgente nettarifera, al rientro nell’alveare, lo comunichi alle sorelle indicando il tipo di cibo, la quantità, la distanza e l’esatta dislocazione.
Questo avviene tramite una speciale danza detta “dell’addome” secondo la quale l’ape disegna sul telaino una specie di otto allargato in cui la sezione centrale segna i gradi rispetto al sole, la lunghezza del segmento ed il numero di giri la distanza e lo scuotimento dell’addome la quantità di cibo, ed i granuli di polline sul suo corpo ne identificano i tipo.
Se il cibo si trova nelle immediate vicinanze, la danza è di tipo circolare.
Il nettare raccolto viene trasportato all’alveare nella sacca melarica che può contenenre xx mg.
Si calcola che occorrano circa 60.000 viaggi per produrre un chilo di miele, oltre a tutto il lavoro per la concentrazione!




L’IMPOLLINAZIONE
L’impollinazione è il processo di riproduzione delle piante.
Per fare ciò devono fare in modo che il seme maschile, il polline, contenuto nello stame, venga in contatto con l’organo femminile, il pistillo, e relativo ovario. Le piante anemofile affidano questo compito al vento, hanno fiori poco o nulla appariscenti e non producono nettare. Le piante entomofile invece si sono evolute per l’impollinazione attraverso gli insetti, sviluppando caratteristiche diverse per adattarsi alle abitudini di vita dei vari insetti producendo colori e profumi diversi secondo le diverse percezioni degli insetti, e ricompenandoli con la produzione di nettare o polline. L’impollinazione incrociata, ovvero con polline di piante diverse della stessa specie, produce frutti di dimensioni maggiori, più sani ed in maggiore quantità. E’ riconosciuto l'insostituibile ruolo dell'ape nel servizio di impollinazione a favore sia dell'agricoltura che dell'ambiente poichè svolgono inconsapevolmente questo compito in maniera eccellente per la loro particolarità di essere fedeli alla stessa fioritura finchè questa è presente. 
Inoltre si pensi che in un giorno le api di un alveare possono visitare fino a 225.000 fiori.
Per questo molti frutticoltori richiedono sempre più spesso l’impiego di api per svolgere al meglio questa attività.
Ovviamente è indispensabile che le piante non vengano trattate con prodotti chimici nel periodo della fioritura.
Oltre ad essere un importante fattore di produzione agricola, l'azione svolta dalle api è anche determinante per la salvaguardia ambientale, attraverso l'impollinazione della flora spontanea.



Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra,
all’uomo non rimarrebbero che 4 anni di vita.
Albert EINSTEIN





ape che impollina

Dispositivi per la raccolta e il trasporto del polline
Il corpo delle api è ricoperto da numerosi peli atti a trattenere particolarmente bene i grani di polline.  L’apparato di raccolta del polline di Apis mellifica è costituito dalla cestella (faccia esterna della tibia) alla cui base si individua il pettine; all’articolo successivo, il tarso, appartengono l’auricola (superficie superiore del basitarso) e la spazzola (superficie interna). L’insieme di questi pezzi ed i margini liberi di tibia e basitarso formano la pinza.

Tipo di insetti n. granelli di polline
 trattenuti
Apis mellifica 9020
Bombi 6517
Vespidi 3538
Formiche 30
Sirfidi 806
Scathophagidae 168
Bibionidae 41
Anthomidae 32
Chironomidae 2



LA CASA DELLE API
In natura le api costruiscono i favi in cavità di alberi, sotto rocce riparate, tra le frasche di cespugli o in altri luoghi riparati.
Gli apicoltori le allevano fornendo loro dei ripari che si sono man mano evoluti nel tempo, utilizzando i materiali che avevano a disposizione: legno, paglia intrecciata, tronchi, argilla, sughero ecc.
Oggi vengono utilizzate le “arnie razionali” in legno di tipo Dadant-Blatt.
Queste sono costituite da una parte fissa, detta nido, dove le api allevano la covata e immagazzinano miele e polline per le scorte invernali, e da una parte mobile, detta melario, che viene aggiunto nel periodo di maggiore fioritura, e dove le api depongono il miele quando il nido è saturo.
Questo soprappiù viene raccolto dall’apicolotre quando è maturo.


Apiaro Cabus

Nepal

bugni

apiario montagna


 Spacccato di un'arnia completa di melario                    


ALVEARE: SOCIETA’ E SUPERORGANISMO
L’ape è un insetto sociale e il legame che unisce le api di una famiglia è così intimo e forte che l’intera famiglia si può definire come un superorganismo di cui ogni individuo, le operaie, i fuchi e la regina, collaborano e operano per il suo benessere. Ogni singola ape infatti non è in grado di sopravvivere al di fuori dell’alveare.
In quest’ottica la vera e propria riproduzione non avviene con la deposizione delle uova, ma quando un alveare genera una seconda famiglia attraverso la sciamatura.
In primavera l’istinto riproduttivo spinge le api ad allevare nuove regine. Prima della nascita delle proprie figlie la vecchia regina sciama, abbandona cioè l’alveare seguita da un gruppo di “fedelissime” più o meno numerose, dando così origine ad una nuova famiglia, ossia ad un nuovo individuo “superorganismo”.
La nuova famiglia si posa poco distante dall’alveare primario in attesa che le api esploratrici trovino un sito adatto alla sistemazione definitiva che può distare anche alcuni chilometri.

sciame


Inconvenienti di un apicoltore...
tratto dal sito internet di Apicoltora Piazza Alberto


L’ ARREDAMENTO
La cera impiegata nella costruzione dei favi viene secreta da otto specifiche ghiandole e fuoriesce in forma di scaglie dal peso variabile tra 0,6 e 1,2 mg dalla regione ventrale. Queste vengono afferrate con le zampe, inumidite con la saliva e lavorate.
La produzione di cera è un processo dispendioso: per ogni grammo di cera prodotto le api ne consumano 7 – 10 di miele formando catene a gruppi compatti al cui interno la temperatura si mantiene a 35° necessaria per lavorare la cera.
Nella costruzione regolare delle celle le api percepiscono il campo gravitazionale, avvertito da sensilli che consento di costruire i favi in verticale, ed il campo magnetico, secondo cui costruiscono i favi in serie parallele secondo una direzione costante.
Le celle sono di forma esagonale poiché è quella che richiede meno impiego di cera, con un’inclinazione tra i 9 e i 13 gradi, per impedire la fuoriuscita del miele liquido immagazzinato.
Ma dove le api fanno qualche cosa di straordinario è nella costruzione del fondo cuspidato con tre losanghe inclinate di 109,28’. Infatti l’astronomo Giacomo Maraldi già nel 1713, stabilì che fra tutte le cellule esagonali a fondo composto di tre rombi uguali, quella che può essere costruita con il minimo di materia è esattamente quella che le api da millenni costruiscono poiché rispondente ad un criterio di massima economia.

Inoltre l’asse di ogni cella non corrisponde a quello della cella opposta, ma alla costola comune a tre celle, ottenendo in questo modo una resistenza della costruzione tale che pochi grammi di cera (???) possono sorreggere fino a 10 kg di miele.
Nell’apicoltura razionale si preparano favi artificiali con cera d’api, di forma identica a quelli naturali, per far risparmiare lavoro alle api


IL RUOLO DELL’APICOLTORE
L’apicoltura ha origini antichissime, come testimonia una pittura rupestre di oltre 10.000 anni fa che raffigura un uomo dedito alla raccolta dei favi in un alveare naturale.
In seguito imparò ad alloggiare gli sciami in alveari artificiali di varie foggie, fino a quando nel 1851 Dadand – Blatt mise a punto l’arnia a favo mobile che consentiva di visitarla estraendo i favi. Fu l’inizio dell’apicoltura moderna. Nel 1865 si perfezionò lo smelatore centrifugo, capace di estrarre il miele senza strizzare i favi, dando la possibilità alle api di riutilizzarli.
Insomma l’uomo ha inventato tecniche, strumenti e accorgimenti per semplificare il suo lavoro e aumentando la quantità di miele prodotto, ma non ha cambiato l’ape. La cosiddetta “ape domestica” in realtà domestica non è per niente. Essa infatti non ha modificato le sue abitudini e il proprio comportamento, continuando a seguire i cicli naturali e vivendo e riproducendosi indipendentemente dall’uomo. L’apicoltore modella il suo lavoro sugli istinti degli insetti per portarli ad accumulare più scorte di quanto sarebbe loro indispensabile per sottrarne l’eccedenza. In cambio fornisce l’aiuto necessario perché possano passare l’inverno senza problemi.
Un alveare consuma da 220 a 250 chili di miele per le proprie necessità. L'apicoltore sottrae alle api circa il 10% di miele prodotto.
Il vero compito dell’apicoltore è quindi conoscere e capire la vera natura delle api, rispettarne e assecondarne le caratterisiche al fine di ottenere i migliori vantaggi per entrambi.


apicoltore

attrezzi


I PRODOTTI DELLE API
IL MIELE
E’ senz’altro il più conosciuto prodotto delle api. Viene realizzato a partire dal nettare raccolto sui fiori.
Per produrre un chilo di miele sono necessari quasi 60.000 voli d'andata e ritorno dall'arnia ai fiori.
Ogni alveare "bottina", cioè raccoglie il nettare, per un raggio di tre km, quasi 3.000 ettari, il corrispondente di oltre 4.000 campi da calcio.
Il ruolo delle api è fondamentale per la sua elaborazione, poiché solo a loro è possibile compiere questa incredibile trasformazione arricchendolo di enzimi e combinandolo con sostanze proprie. Raggiunto il giusto grado di umidità la celletta ove è stato depositato viene chiusa con un opercolo di cera. In questo modo può essere conservato per molto tempo.
Il nettare di cui è composto può essere prevalente di un tipo di fiore, quando questa percentuale raggiunge il 45% si parla di miele monoflorale (di acacia, castanga, lavanda, rododendro ecc.). Il colore ed il profumo variano a seconda del nettare. Nettari diversi danno origine a diversi tipi di cristallizzazione. Questo è un processo del tutto naturale che avviene solo in presenza di miele vergine non trattato. La velocità nella formazione dei cristalli è legata al rapporto tra fruttosio e glucosio presenti nel nettare, così ad esempio i mieli di acacia e castagno, a bassa percentuale di glucosio, difficilmente cristallizzano, mentre quelli di rododendro o lavanda cristallizzano nel volgere di qualche mese. La bassa temperatura poi accelera il fenomeno.

vasi miele


COME SI ESTRAE IL MIELE
Il miele è uno degli alimenti che necessita della minor lavorazione in assoluto, qualunque processo tecnologico ne fa scadere le caratteristiche.
Nella tarda primavera, al culmine della bella stagione, la famiglia ha raggiunto il massimo sviluppo. Il nido è colmo di scorte e covata e le api continuano a lavorare incessantemente.
E’ il momento della posa dei melari, i magazzini dove esse depositeranno il miele che potrà essere prelevato dall’apicoltore non appena vengono riempiti dopo aver allontanato le api con un po’ di fumo.
Per passare dall’alveare alla tavola il miele richiede pochissimi passaggi.
I melari vengono trasportati in laboratorio dove inizia il lavoro di disopercolatura, ovvero vengono rimossi gli opercoli di cera che chiudono le cellette.
I telaini vengono poi immessi nello smelatore da dove il miele viene estratto per sola forza centrifuga. Il miele così ottenuto viene filtrato per liberarlo da eventuali residui di cera e lasciato a riposare negli appositi maturatori per qualche tempo prima di invasettarlo. Nessun’altra operazione deve essere effettuata per non alterare le caratteristiche di partenza del prodotto.

disopercolatura

Principali componenti del miele (%)


La composizione del miele è notevolmente complessa (le sostanze fino a oggi identificate nel miele sono oltre 300) e, come per gli altri prodotti dell'alveare, probabilmente vi sono componenti minori non ancora noti.
Alcuni gruppi di sostanze sono sempre presenti (zuccheri, acqua, sali minerali, acidi organici, enzimi, etc.), ma le loro proporzioni relative possono subire variazioni anche importanti in relazione alla composizione del nettare o della melata da cui il miele deriva, cioè alla sua origine botanica e dunque la natura e l'origine stessa del miele non consentono una standardizzazione rigorosa dei suoi valori di composizione e giustificano l'affermazione che non esistono due mieli identici.

CARATTERISTICHE DEL MIELE
Peso specifico: è mediamente 1,422 a 20°C. Ciò significa che un litro di miele a 20°C pesa circa 1,422 kg.
Contenuto totale zuccheri: 95%
Acqua: 18%
Altre sostanze: acidi, Sali minerali, proteine, amminoacidi, sostanze aromatiche.
Sostanze minerali: L'elemento maggiormente rappresentato è il potassio che costituisce la metà o i 3/4 della quantità totale di questa frazione. Sono inoltre presenti cloro, zolfo, sodio, calcio, fosforo, magnesio, silicio, ferro, manganese, rame. Altri elementi compaiono allo stato di tracce.
I minerali contenuti nel miele provengono dal terreno in cui vive la pianta.
Generalmente i mieli chiari sono poveri in sostanze minerali, mentre quelli più scuri, in particolare il miele di castagno e i mieli di melata, ne sono più ricchi.
Igroscopicità :Il miele, a causa della elevata concentrazione zuccherina, è una sostanza altamente igroscopica. È importante, quindi, se non si trova in contenitori ermetici, conservarlo in ambienti con umidità relativa bassa.
Proprietà antibatteriche
Da millenni il miele è un elemento della medicina popolare. Già i nostri antenati avevano scoperto, empiricamente, le sue proprietà antisettiche. Oggi è dimostrato che, grazie a una serie di sostanze dette inibine in esso contenute, impedisce lo sviluppo di un gran numero di batteri e funghi e può essere usato per la cura delle ferite infette. L’impiego più comune è usarlo per dolcificare latte e tisane contro il mal di gola. In questo caso si raccomanda di aggiungere il miele a bevande non troppo calde per non comprometterne l’attività antibatterica. Per mantenere inalterata questa proprietà il mele deve venir conservao al fresco e al riparo dalla luce. A scopo terapeutico si raccomanda di utilizzare miele fresco e genuino.
I SETTORI CHE TRAGGONO BENEFICIO:
PRIME VIE RESPIRATORIE: azione decongestionante e calmante della tosse.
MUSCOLI: aumento della potenza fisica e della resistenza
CUORE: azione cardiotropa.
FEGATO: protezione e disintossicazione.
APPARATO DIGERENTE: specifica funzione stimolante, regolatrice.
RENE: azione diuretica.
SANGUE: apporto antianemico
OSSA: fissazione del calcio-magnesio.
Proprietà terapeutiche
Al miele si attribuisono inoltre proprietà fortificanti, calmanti, emollienti,  diuretiche,  è considerato un blando lassativo e un collutorio per gengiviti e stomatiti. E’ utilizzato come calmante del dolore della dentizione nei neonati, come sostituto dello zucchero nella prevenzione della carie, come conciliante del sonno.
Proprietà nutrizionali
La composizione del miele comprende circa il 95% di zuccheri semplici, o monosaccaridi, derivati cioè dal saccarosio e glucosio del nettare “invertito”, scisso nei suoi componenti per effetto degli enzimi aggiunti dalle api e non richiedono quindi nessuna trasformazione da parte dell’apparato digerente, diventando immediatamente disponibili quali fonte di energia. Questi sono associati ad acidi organici, sali minerali, enzimi, aromi e tante altre sostanze, ne fanno un alimento unico e del tutto particolare. Ha un elevato potere energetico. Fornisce 320 calorie/100 g contro le 400 circa del saccarosio o zucchero da cucina. Offre dunque un immediato apporto energetico che lo rende un idoneo componente dell'alimentazione, particolarmente nella dieta dello sportivo, delle persone anziane e dell'età scolare, e in generale nei momenti in cui è elevato il fabbisogno energetico.
E' particolarmente indicato nella dieta per l'infanzia, infatti a differenza dello zucchero,  favorisce la fissazione dei sali minerali.

COME SCEGLIERE UN MIELE DI QUALITA’
I criteri per la valutazione della qualità sono essenzialmente due: l’autenticità, cioè che l'alimento non abbia subito adulterazioni, e la salubrità, che non contenga sostanze dannose per la salute.
Il concetto di qualità, per un alimento squisitamente naturale come il miele, è fortemente legato alla genuinità e all'integrità del prodotto con tutte le sue particolari fragranze. Il miele migliore è quello appena uscito dai favi, e quindi in generale qualunque intervento che lo modifichi, come ad esempio portarlo ad alte temperature per fluidificarlo, è visto come un peggioramento.
E’ di grande importanza, inoltre, l'ambiente nel quale le api operano e dal quale traggono la materia prima che trasformeranno in miele. E’ della massima importanza che le postazioni siano lontane da possibili fonti di inquinamento, in quanto le eventuali sostanze inquinanti possono depositarsi sul nettare, devono quindi essere evitate le aree urbane, aree industriali, autostrade, zone agricole dove si effettuano trattamenti antiparassitari.
L’Unione Europea importa circa il 50% del suo fabbisogno da paesi extra UE quali la Cina, la Bulgaria, Romania, Argentina, Cile.
La qualità di questi mieli è fortemente insufficiente. Nei paesi tropicali, ad esempio, il miele ha sempre un contenuto d'acqua molto elevato,  che lo porta ad una più facile fermentazione. In alcuni paesi è normale costruire le arnie con materiali "discutibili', come sterco e paglia, e nell'estrazione del miele non si distingue particolarmente fra miele, cera, polline, api o covata. Spesso il miele d’importazione ha uno stoccaggio di parecchi mesi. Recentemente si sono rilevate forti quantità di antibiotici nel miele proveniente dalla Cina.
L'Italia, grazie alla sua posizione geografica, è il paese con la maggiore varietà di mieli e della migliore qualità.
Il miele si distingue in MONOFLORA (da un solo tipo di fiore) e in MILLEFIORI (da piu' nettari). La qualità Italiana è garantita da severi controlli, per di più è quella in cui è ammessa la percentuale più bassa di una sostanza chiamata HMF (Idrossimetilfurfurale) che si forma dalla degradazione degli zuccheri per invecchiamento o per riscaldamento e considerato, quindi, un monitor della freschezza e della manipolazione. La quantità massima ammessa in Italia è di 1 mg per Kg, nel resto dell'Europa è di 40 mg per Kg e nei mieli Extraeuropei ben 80 mg per Kg
Occorre quindi prestare attenzione all’etichetta, che deve riportarne l’origine. Il miele italiano è quello a maggiore rintracciabilità e quindi a maggiori garanzie. Il miele di qualità può eventualmente essere valorizzato attraverso una denominazione relativa all'origine botanica (mieli uniflorali) o geografica (mieli "IGP" o "DOP"). Meglio ancora preferire il prodotto di piccoli e appassionati apicoltori a quello industriale.
PREFERITE I MIELI SCURI
La maggior parte dei consumatori esige sempre solo miele bianco liquido (tipo acacia). I mieli chiari sono validi, ma per essre obiettivi va detto che sono ricchi prevalentemente di fruttosio e glucosio. Quelli neri, scuri, invece, oltre i due dolcificanti citati, contengono di solito potassio, cloro, zolfo, calcio, sodio, fosforo, magnesio, silicio, ferro, particolarmente indicati quindi nei casi di anemia.

Guida ai principali mieli uniflorali italiani

TIPO

STATO FISICO

COLORE

ODORE

SAPORE

ACACIA Liquido trasparente Da bianco acqua a giallo paglierino chiaro Tenue floreale Vellutato, di confetto, delicato, fine
AGRUMI Cristallizzato a granulazione variabile Bianco traslucido Caratteristico del fiore di origine, fresco, penetrante Caratteristico e delicato, lievemente acidulo
CASTAGNO Liquido più o meno trasparente Da ambra ad ambra scuro con tonalità rossastra Molto intenso, floreale balsamico caratteristico Forte, persistente, un po' tannico, retrogusto amaro
COLZA Cristallizzato a granulazione fine, pastoso Bianco grigiastro o ambra chiarissimo Forte di idrogeno solforato (di cavoli) Intenso, persistente, solforato
CORBEZZOLO Liquido o cristallizzato a granulazione fine, cremoso Ambra più o meno scuro con sfumature grigio verdastre Abbastanza forte, fresco, caratteristico di vegetale Intensamente amaro, persistente, fresco
ERICA Cristallizzato a granulazione medio fine, per lo più denso Ambra aranciato più o meno intenso Floreale intenso caratteristico, fresco Forte floreale che ricorda l'anice, persistente
EUCALIPTO Cristallizzato fine, compatto, adesivo Da ambra chiaro ad ambra con tonalità grigio-verdastre Forte, caratteristico, pungente, intenso dei fiori Maltato, di cotto, aromatico persistente (effetto "mou")
FRUTTIFERI (Prunus, Pirus, Malus) Cristallizzato a granulazione fine, pastoso, fondente Ambra chiaro grigiastro o rossiccio Forte dei fiori di mandorle amare Fresco, intenso, leggermente amaro, caratteristico
GIRASOLE Cristallizzato a granulazione medio fine, compatto Giallo dorato più o meno intenso, vivace Leggero di vegetale che ricorda il polline fresco Neutro, asciutto, caratteristico aroma di polline
LAVANDA Cristallizzato finissimo pastoso Ambra più o meno chiaro con riflessi giallognoli Intenso aromatico, fresco Caratteristico, fine, aromatico, leggermente vegetale
LEGUMINOSE (trifoglio, erba medica, lupinella, ginestrino) Cristallizzato a granulazione fine, pastoso Da bianco opaco ad ambra chiaro Debole, leggermente floreale con qualche nota di fieno e/o di idrogeno solforato Delicato, abbastanza neutro, a volte acidulo e leggermente piccante in gola
MELATA D'ABETE Liquido raramente cristallizzato Ambra scuro con riflessi rosso verdastri Intenso, balsamico-resinoso Forte, leggermente maltato, vellutato, balsamico-resinoso
MELATA DI LATIFOGLIE Cristallizzato a granulazione fine, ritardata Ambra-nocciola scuro opaco Forte, penetrante, a volte pesante Forte di vegetale fresco, caratteristico
ROSMARINO Cristallizzato a granulazione medio fine Bianco o ambra chiarissimo Tenue ma caratteristico dei fiori di origine Molto fine, delicato, debolmente aromatico
SULLA Cristallizzato a granulazione fine, pastoso Bianco cera o ambra chiarissimo opaco Molto tenue, floreale, leggermente di fieno Neutro, senza alcun retrogusto
TARASSACO Cristallizzato a granulazione fine, compatto, adesivo Giallo limone vivo spesso con sfumature grigiastre Forte dei fiori, leggermente ureato, pungente Forte, persistente, piccante in gola, lievemente ureato
TIGLIO Cristallizzato a granulazione fine, pastoso, un po' adesivo Da ambra giallognolo ad ambra scuro rossastro Forte, caratteristico, leggermente mentolato Balsamico, di mentolo, molto persistente



IL POLLINE
UNA DOSO DI OTTIMISMO
Il polline viene catturato applicando particolari dispositivi detti “trappole” all’entrata dell’alveare. Esso è una delle sostanze più ricche in natura e svolge un certo numero d’azioni piuttosto interessanti sul nostro organismo.
Ha un’azione antidepressiva e, per così dire, euforizzante, migliorando l’umore di chi ne fa uso; ha una benefica azione sulle funzioni intestinali per la sua capacità di agire contro la diarrea e di curare forme di stitichezza; ha poi un’azione eutrofizzante, in modo particolare in coloro che soffrono di un deperimento organico favorendo un recupero dell’energia fisica, dell’appetito ed una maggiore resistenza alla fatica. Migliora il rendimento intellettuale, agisce contro l’ipertrofia prostatica, ha un effetto antianemico.
Queste virtù derivano dalla sua composizione, esso è composto al 35% da proteine (tanto quanto nei fagioli e nelle lenticchie) da cinque a sette volte più che nella carne, da vitamine, vitamina A, vitamine del gruppo B, vitamina C, D, E, PP, K, ventuno dei ventitre aminoacidi noti, edinoltre carboidrati, enzimi, coenzimi, zuccheri, ormoni di crescita, sali minerali, oligoelementi, lipidi.
Il polline è uniformemente ricco di carotenoidi, bioflavonoidi e fitosteroli che sono dei potenti antiossidanti.
Se ne sconsiglia l’uso a chi soffre di allergia.

polline


LA PROPOLI
UN ANTIBIOTICO NATURALE E NON SOLO

LA COMPOSIZIONE DELLA PROPOLI.

- 50-55% di resine e balsami (terpeni, polisaccaridi, acidi uronici,
acidi aromatici, aldeidi aromatiche, acidi ed esteri caffeici).
- 25-35% di cera (acidi grassi, ossiacidi, lattoni).
- 5-10% di sostanze volatili, di cui lo 0,5% di olii essenziali.
- 5% di polline, presente per cause accidentali.
- 5% circa di materiali organici vari tra cui i più importanti sono i flavonoidi (acido benzoico, ac. caffeico, ac. ferulico, alcool cinnamico, crisina,dimetossifiavoni galangina, isovanilina, isalpina, pinocembrina, pinobanksina, pronostrobina, vanillina, kemferide, etc ... ), minerali (alluminio, calcio, cromo, rame, ferro, manganese, piombo, silice), vitamine dei gruppo B (Bl, B2, B6, PP),
vitamina C ed E.

Propoli deriva dal greco "pro" che significa "davanti" e "polis" che significa "città" quindi "davanti alla città" cioé sostanza accumulata intorno all'alveare a difesa della colonia. E’ una resina di origine vegetale, che le api raccolgono soprattutto sulle gemme di pioppo, betulla, larici, pini, abete ecc. La trasportano nell’alveare dove la usano per rivestire pareti, saldare tra loro parti mobili dell’arnia, tappare fessure, disinfettare le cellette destinate alla covata. D’autunno la utilizzano per ridurre i fori d’ingresso ed inoltre ricoprono i corpi di predatori uccisi nell’arnia per impederne la putrefazione. Il colore varia moltissimo a seconda dell’origine, dal giallo-verde (prevalenza di pini) a rossastro (prevalenza di pioppi) fino a nero (prevalenza di betulle). Ha odore intensamente aromatico e sapore generalmente acre-amaro. Ha consistanza dura, fragile sotto i 15°, gommosa e appiccicosa sopra i 20°. Si raccoglie a fine stagione con apposite reti. Solubile in alcool.

PROPRIETA’ TERAPEUTICHE
Proprietà batteriostatiche e battericide: Numerose sperimentazioni  hanno dimostrato la capacità della propoli in soluzione alcoolica alla concentrazione dal 10 al 20% di inibire lo sviluppo di vari ceppi batterici Gram positivi (Escherichia coli, Proteus vulgaris, Mycocter¡um tubercolosis, Bacillus alvei, B. alvei, B. larvae, B. subtilis e numerose salmonelle ). Tali proprietà possono essere più o meno evidenti a seconda della presenza nella propoli di acido benzoico, acido ferulico, galangina e pinocembrina le cui proprietà antibatteriche anche a basse concentrazioni sono da tempo note.
Proprietà fungicide: I preparati a base di propoli sono risultati particolarmente attivi contro infezioni da Candida, saccaromiceti, tricofili, e microspori in grado di provocare numerose affezioni parassitarie (micosi) sull'uomo e gli animali. Tale azione sarebbe dovuta  alla presenza di acido caffeico, pinocembrina, pinobaucsina e benzii-p-cumarolo.
Proprietà antivirali: La Propoli svolge un'azione di inibizione nei confronti di alcuni tipi di herpers, il corona virus e circa 10 tipi di infezioni virali.
Proprietà cicatrizzanti: Da sempre la propoli è stata impiegata sottoforma di unguento come cicatrizzante grazie alla notevole capacità di stimolo della rigenerazione dei tessuti in caso di ferite e piaghe. 
Proprietà immunostimolanti: L'impigo della propoli potenzierebbe l'azione dei vaccini (come quelli contro il tifo e paratifo) come evidenziato da numerosi studi effettuati sui vitelli.
Proprietà vasoprotettiva: Sempre grazie aviazione dei flavonoidi che costituiscono il cosiddetto 'fattore P' la propoli svolgerebbe un'azione di prevenzione della permeabilità e fragilità capiliare.
Proprietà antiossidanti e antiirrancidenti:  La presenza di fenoli consentirebbe l'impiego della propoli anche nella conservazione dei grassi e degli alimenti in genere in sostituzione degli additivi chimici. Oltre a queste proprietà la propoli assunta per via interna migliorerebbe la secrezione dei succhi gastrici, è diuretica, favorisce l'assimilazione della vitamina C, funge da antisenile per l'effetto antiossidante e attivante dei complessi enzimatici.Attualmente il maggior impiego della propoli rimane comunque quello esterno come disinfettante, cicatrizzante e lenitivo, attraverso soluzioni, unguenti e pomate. L'uso interno è ancora limitato al livello sperimentale anche a causa delle maggiori implicazioni e della difficoltà di utilizzare preparati titolati.

Tratto dal sito internet www.apicoltura2000.it


LA PAPPA REALE
UN ALIMENTO PRODIGIOSO
Anche detta “gelatina reale”, viene prodotta da speciali ghiandole situate sulla testa delle operaie che hanno dai 5 ai 15 giorni di vita. Si estrae in primavera dalle celle reali ed il suo aspetto è gelatinoso, di colore biaco, traslucido, di sapore acre e pungente.
Contiene aminoacidi (ventidue), molte vitamine del gruppo B (B1, B3, B5, B6, B7, B8, B9, B12), vitamina A, C, D, sodio, cromo, manganese, nichel, fosforo, rame, zolfo, selenio, calcio, ferro, potassio, silicio, ormone della crescita, acidi grassi insaturi.
La pappa reale è quindi un eccellente tonico-ricostituente, destressante sul sistema nervoso, riequilibra la pressione arteriosa, rafforza il tono del muscolo cardiaco, antibiotico naturale, accelera il metabolismo, stimola appetito e digestione, ha effetti antidepressivi, accelera la guarigione dalle malattie, agisce sulle tensioni pre-mestruali, contro l'insonnia, da impulso all'attività fisica e intellettuale.
Si trova in commercio pappa reale liofilizzata, che può essere conservata a temperatura ambiente per lunghi periodi, ma è preferibile consumarla fresca, conservandola in frigorifero, meglio se reperita direttamente dall’apicoltore, in modo da avere integri tutti i suoi principi naturali.

propoli


LA CERA
COMPOSIZIONE:
    esteri di acidi cerosi     70%
    esteri sterolici    1%
    acidi grassi liberi    14%
    alcoli liberi    1 – 2%
    idrocaruri    12,5 – 16%
    acqua    1 – 2%
    altre sostanze    1 – 5%

La cera è una sostanza insolubile in acqua che fone a 62 – 65°.
Ha un peso speficifo inferiore all’acqua e per questo vi galleggia sopra.
Per migliaia di anni la cera d’api è stato l’unico materiale del suo genere disponibile e per questo utilizzata in centinaia di modi diversi. Con l’introduzione sul mercato di nuove sostanze quali la paraffina, oggi il suo impiego è limitato ai casi in cui  è veramente insostituibile.
La cera viene ricavata dagli opercoli tagliati via prima dell’estrazione del miele e dal recupero della cera contenuta nei favi che vengono rinnovati.
In entrambi i casi è necessario un processo che permetta la separazione della cera dal miele o da quelle sostanze che compongono il favo. Uno dei sistemi più razionali e la sceratrice solare, una cassa vetrata nella quale la cera fonde per effetto del riscaldamento del sole e stratifica colando in una vaschetta.
La quasi totalità della cera ottenuta viene reimpiegata per la fabbricazione di nuovi foglie cerei da offrire alle api. L’impiego della cera d’api è largamente diffuso soprattutto in campo cosmetico, farmaceutico e dermatologico per la sua capacità di formare sulla pelle un film protettivo ma non occlusivo.
Un altro impiego è nei lucidi per mobili, pavimenti e pellami.

cera


IL VELENO
E’ una sostanza prodotta da speciali ghiandole ed espulsa attraverso il pungiglione. E’ un liquido trasparente, di sapore amaro e odore aromatico che può sopportare temperature di oltre 100 gradi o il congelamento per molti giorni senza perdere la sua potenza. E’ però facilmente distrutto da sostanze quali cloruro, bromuro, alcool, ammoniaca e tutte le sostanze basiche.
COMPONENTI
EFFETTI FARMACOLOGICI
FOSFOLIPASI A
Emolitico, radioprotettivo, mastocitolitico, rilascio istaminico, ipotensivo, pr. antigenico
IALURONIDASI
Anafilattogeno, antigenico, pr. attivatore immunitario e diffusione tissutale
APAMINA
Neurotossina stimolante S.N.C., antigenico e antiinfiammatorio
MELLITINA
Antibatterico e fungino, inibitore del S.N.C., istaminopessi, radioprotettivo, mastocitolitico, antiinfiammatorio e aumenta la permeabilità vascolare
MCD-PEPTIDE
Antiinfiammatorio (100 volte l'idrocortisolo)
ISTAMINA
Vasodilatatore


Un metodo ancora diffuso e tra i più efficaci di utilizzo del veleno è quello di farsi pungere direttamente nelle zone doloranti, con un effetto simile all’agopuntura.
INDICAZIONI DELL’APITERAPIA: Malattie reumatiche, spondiloartrosi deformante, nevralgie, sciatiche, esiti di traumi osteo-articolari, asma brochiale, psoriasi, eczema.
EFFETTI INDESIDERATI: E’ indispensabile fare prove preliminari alla presenza di un sanitario per evitare ogni rischio di ipersensibilità e allergia al veleno che può causare vomino, orticaria, svenimento, e, nei casi più gravi, shock anafilattico con reazioni di tipo respiratorio e cardio-circolatorio.


I NEMICI DELLE API
Anche le api hanno i loro nemici. Ne diamo una breve descrizione dei più importanti:

Varroa Jacobsoni: acaro che parassita le api nutrendosi della loro linfa. Introdotta oltre 20 anni fa con l’importazione di sciami dall’oriente, può causare l’estinzione di una famiglia nel volgere di pochi mesi se non si interviene.

L’Acherontia atropos o sfinge testa di morto, una farfalla notturna che si introduce negli alveari imitando il canto della regina per nutrirsi di miele.

Galleria Mellonella o tarma della cera, è una farfalla le cui larve si nutrono dei favi distruggendoli e contribuendo alla trasmissione di malattie quali la peste americana.

Vespa crabro, meglio nota come calabrone, attacca le api in volo e le uccide per nutrirsi del nettare che trasportano nella sacca mielarica.

Topolini di campagna e ghiri che in inverno si introducono nell’alveare  apprezzandone il nascondiglio riparato

Le api sono inoltre soggette a diverse malattie causate da batteri e virus, alcune colpiscono la covata, altre le api adulte.

Un ulteriore pericolo per le api è rappresentato dall’avvelenamento causato dagli antiparassitari usati in agricoltura, sia direttamente quando il vento sospinge le sostanze verso gli alveari durante il loro impiego, sia indirettamente contaminando il nettare ed il polline di cui si nutrono.


farfalla

tarma


RICETTE
"Torrone Classico"
Uno dei piu' antichi dolci al miele
PER 1,5Kg di TORRONE
400 gr. di miele;
500 gr. di zucchero semolato;
2 dl di acqua;
700 gr. tra mandorle e nocciole tostate e pelate;
4 albumi di uovo;
vaniglina ;
il succo di un limone;
2 fogli di ostia.
Cuocete a bagnomaria  il miele , a fuoco lento , aggiungendovi un pizzico di vanillina e mescolandolo continuamente  .
Il miele sara' pronto quando versandone una goccia in poca acqua fredda essa si solidificherà. Poco prima che il miele sia pronto versate l'acqua e lo zucchero in una casseruola e caramellatelo chiaro .
Montate a neve gli albumi e uniteli al miele che diverra' bianco e gonfio ; mescolate ancora per qualche minuto e quindi unite lo zucchero e mescolando ancora le mandorle e le nocciole.
Rovesciate il composto ancora caldo su un piano spolverato di zucchero a velo , bagnatene la superficie con il succo di limone e ricopritela con l'ostia ; capovolgete e ripetete l'operazione, dividete il torrone a vostro piacimento.


PECORINO AL MIELE
Tagliare a fette di spessore di un cm. alcune fette di
pecorino classico, arrostirle brevemente alla griglia molto calda e
cospargerle con un cucchiaino ciascuna di miele di acacia.


TORTA CON NOCI E MIELE
Per 6:
300 g di pasta frolla;
190 g di noci tritate;
170 g di zucchero;
1,5 dl di panna;
1 tuorlo;
1 cucchiaio di miele.
Preparate la pasta frolla. In un tegame fate caramellare lo zucchero a fuoco basso. Quando è diventato dorato unitevi la panna e, mescolando, un cucchiaio di miele e le noci tritate. Fate raffreddare. Dividete la pasta frolla in due parti. Metà tiratela a sfoglia e foderatevi una teglia facendola risalire lungo il bordo. Sopra distribuite il composto di noci. Ricoprite con l’altra metà della pasta frolla tirata a disco. Chiudete pressando i bordi, spennellate con il tuorlo e cuocete in forno a 180°C per 25-30 minuti. Servitela fredda.


SEADAS (dolce tipico sardo)
  Ingredienti per 10-12 persone:
-1 Kg di formaggio pecorino (o misto) fresco
-mezzo Kg di semola fina di grano duro
-3 uova
-qualche cucchiaiata di strutto fresco o burro
-la scorza grattugiata di due arance
-olio d’oliva
-un pizzico di sale
-il succo di un limone
-zucchero o miele sciolto a bagnomaria
Il formaggio dev’essere necessariamente fresco (4-5 giorni di stagionatura) e molto grasso: per renderlo ancora più morbido può essere immerso per circa 10 minuti in acqua bollente tolta dal fuoco. Va quindi strizzato e fatto sgocciolare.
Impastare la semola con le uova, il pizzico di sale sciolto in una cucchiaiata d’acqua e lo strutto. Lavorare bene la pasta fino a raggiungere una consistenza elastica e morbida: lasciarla quindi riposare.
Nel frattempo grattugiare il formaggio ed impastarlo poi con la scorza di limone ugualmente grattugiata.
A questo punto riprendere la pasta e cominciare a tirarla, così da ottenere una sfoglia sottile: ritagliarla dunque in tanti dischi, usando l’apposita rotella o semplicemente la forma di una tazza.
Distribuire su un disco una buona quantità dell’impasto precedentemente preparato e sovrapporre un altro disco di pasta, saldandone bene i bordi. Per facilitare quest’operazione, si consiglia di inumidire leggermente gli orli da congiungere con albume d’uovo.
Procedere al riempimento e la chiusura di tutti i dischi: le seadas sono pronte.
Friggerle quindi in abbondante olio d’oliva, ben caldo, per circa un minuto: le seadas devono risultare delicatamente dorate.
Vanno servite calde, dopo averle cosparse di zucchero o di un velo di miele liquefatto


LIQUORE AL MIELE DI MONTAGNA
Di facile preparazione, è già pronto dopo qualche giorno
Ecco una maniera originale di utilizzare il prezioso oro delle api per confezionare un liquore: il liquore, appunto, al miele.
Occorrono un litro di alcool a 50°, un’ arancia, 600 grammi di miele, tre chiodi di garofano, due bastoncini di cannella, un limone.
Sbucciare arancia e limone, avendo cura di togliere la parte bianca: tagliarli a striscioline dopo averli lavati e versarli in un vaso.
Aggiungere tutto l'alcool, chiudere ermeticamente e lasciare in infusione per una quindicina di giorni in luogo fresco e buio.
Dopo questo tempo, disporre il miele in una terrina e farlo sciogliere in 600 grammi d'acqua tiepida, mescolando bene. Aggiungere, quindi, pian piano l'alcool usato per l'infusione. Aromatizzare con la cannella e i chiodi di garofano. Mescolare con cura e poi trasferire il composto in un vaso.
Chiudere e lasciare ancora in infusione per 4 giorni: nei primi due agitare il vaso un paio di volte al giorno.
Trascorsi i 4 giorni filtrare il composto usando un colino a maglia finissima. Travasare in bottiglie di vetro, tappare bene.
Si può servire anche dopo qualche giorno.